lunedì 20 settembre 2010

In attesa che arrivino i contributi da chi si è assunto l’impegno di raccontare il we settembrino nelle langhe e per tutti quelli che sono ai ferri corti con picasa, ecco una breve carrellata da cui si evince che…

Il posto era bellissimo





Noi anche








Non abbiamo giocato a ping pong (il tavolo serviva per mangiare)




Abbiamo mangiato bene anche se non siamo andati al ristorante




Abbiamo mangiato – ancora



Abbiamo mangiato… tanto



E anche bevuto




Chi cucinava? Tutti, ma soprattutto Ran!






Poi siamo stati con il naso all’aria a vedere volare l’aereo telecomandato di Claudio




Abbiamo suonato e cantato






Leila si ricorda tutte le Osterie



Abbiamo conosciuto Jack



Abbiamo passato 2 ore in enoteca




Abbiamo fatto le foto di classe. Mancavano i prof.




Poi qualcuno è crollato… sul divano e sul prato





lunedì 17 maggio 2010

Tornata da due giorni dal Marocco, ecco qualche breve flash in ordine rigorosamente sparso. Le foto sono quasi tutte di Primo perché io ho perso la macchina fotografica il terzo giorno (sigh!).

Ufficio turistico – Ce n’è uno in tutte le città principali, solitamente nella ville nouvelle, ma non se ne capisce la ragione: infatti non hanno assolutamente nulla, nemmeno una piantina della città, tanto meno l’elenco degli alberghi o dei ristoranti. A Marrakesh l’abbiamo trovato sempre chiuso.

Le voci di Marrakesh – Elias Canetti lo scrive nel 1954 e, cercando bene, tutto quello che descrive lo si può ancora trovare. Certo l’atmosfera è cambiata nella piazza Djem el Fnaa, infestata dalle mille motorette che vi ronzano attorno come vespe, infilandosi anche nei vicoli della medina, dai mille imbonitori che cercano di accalappiare i turisti alla loro bancarella di cibi cotti al momento, ma i mendicanti ci sono ancora (dappertutto), i ciechi in fila che aspettano l’elemosina vi benediranno con parole incomprensibili, i cantastorie raccolgono ancora crocchi di gente, i serpenti sonnecchiano alzando la testa di malavoglia, il Café France resiste come vetusto cimelio di glorie passate, le donne berbere disegnano le mani con l’henné e su tutto aleggia il profumo intenso delle spezie e del tè alla menta o alla cannella. Polo d’attrazione e cuore pulsante della città, la piazza è inevitabile: che la amiate o la odiate, ci tornerete sempre e se vi perdete nel suk, è lì che vi manderanno tutte le indicazioni.

Taxi – Ci sono i pétite taxi e i taxi tout-court: i primi si riconoscono perché sono rossi a Fez e azzurri a Meknes, ma a Marrakesh è un po’ più difficile perché sono tutti beige, solo che i taxi normali sono solo Mercedes e stazionano in luoghi particolari a seconda della destinazione. Le guide dicono che sono collettivi e quindi partono quando sono pieni ma non siamo mai riusciti a vederne uno che partiva. Ci sono file e file di taxi che aspettano e sembra impossibile che riescano a fare anche una sola corsa a testa al giorno, comunque sono dappertutto. Il tassametro è un optional e per lo stesso tragitto potete pagare dai 15 ai 150 dhr (1,5 – 15 euro) ma in generale non sono costosi.

Carrozzelle – Per la prima volta in vita mia ho fatto il giro della città imperiale di Meknes con la carrozzella tirata da un cavallo (Cocò). A piedi era troppo lunga perché sono circa 10 km di mura; il cocchiere era un vero signore.

Bambini – Tanti, dappertutto. Bellissimi, vivaci, sfrontati ma mai insistenti. Come ti chiami? Dove vai? Cosa cerchi? Di là è chiuso. La piazza è di qua. Dammi un soldo. Compra questo, compra quello, un’altra moneta per una foto. Questa mi è costata 2 euro.

Prezzi – Non sono mai segnati e non saprete mai che cosa costava veramente quello che avete comprato. Si salvano poche cose: tè e caffè dai 10 ai 15 dirham, una pallina di gelato (buonissimo) 5, le sigarette 32, ma solo se le compri dal tabaccaio perché le vendono anche sciolte per strada.

Ville nouvelle – Costruite dai francesi, hanno grandi viali alberati e bei caffè ma sono sporche, intasate dal traffico, con molti edifici lasciati cadere in rovina e una selva di nuove costruzioni che stanno venendo su a schiera, brutte, tutte uguali e praticamente vuote anche perché c’è poco gente che può permettersele.

Cibo – Il piatto nazionale è la tajine, servita nell’omonimo recipiente di terracotta, ma quella vegetariana consiste quasi sempre di patate zucchine e tante carote, il tutto senza condimento o quasi. Anche il couscous non è un granché perché non ci mettono l’harissa come i tunisini. All’interno si mangia soprattutto carne – d’agnello, di montone, di vitello o manzo, di cammello; buonissimo il pane. Io ho mangiato quasi solo insalate e olive e sono dimagrita 2 kg ma sono contenta così. Naturalmente dieta quasi senza alcool che ogni tanto non fa male anche quella (qualche birra si trova nella ville nouvelle e il vino solo nei ristoranti più cari; le viti le hanno ma la produzione è in mano ai francesi).

Kasbe – Ce ne sono dappertutto, di tutti i tipi e di tutte le epoche, da quelle in rovina che sembrano castelli di sabbia smangiati dal mare a quelle restaurate e trasformate in villaggi turistici come Ait Benhaddou, a una trentina di km da Ouarzatate, che è un vero villaggio costruito in mattoni di terra fatti seccare al sole e paglia. Anche gli edifici nuovi sono costruiti così. Ci sono diversi progetti di recupero delle antiche kasbe, dove si creano delle vere comunità che lavorano al recupero degli edifici e dei terreni da coltivare. Bellissima l’oasi di Skoura, dove però non abbiamo potuto visitare l’edificio principale, la kasba di Amerhidil (quella raffigurata sulle banconote da 50 dhr), perché stavano girando un film.

Rose – La Valle delle Rose non è, come dicono in molti, la valle del Dades, ma una valle più piccola che la incrocia e che si può fare solo col fuoristrada. Noi siamo arrivati a El Kelaa M'Gouna, cittadina peraltro insignificante se non fosse il centro di produzione dei distillati, il giorno dopo che era finita la festa della raccolta (e naturalmente l’ufficio turistico non ne sapeva niente). Così, visto che l’unico albergo decente era chiuso per ristrutturazione o per mancanza di clienti, abbiamo dormito in uno squallido tugurio ma va be’. Le distillerie non si potevano visitare perché avevano troppo lavoro così abbiamo proseguito in taxi per le gorge del Dades. Belle ma quanto a gorge niente a che vedere con quelle di Samaria a Creta o anche solo con la nostra Valcellina.

Deserto – Due sono fondamentalmente i tour che vi propongono, comprensivi di scammellata: il primo da Marrakesh arriva fino a Zagora, a sud, in due giorni; l’altro, più lungo, arriva a Merzouga attraversando la valle dello Ziz. In tre giorni siamo riusciti a percorrere poco più di metà strada, mentre i tour organizzati fanno tutto di corsa: sveglia all’alba, tappa pranzo, prima tappa per dormire, si riparte, si lascia il bus e si prende il cammello, dopo un’ora e mezzo bivacco nel deserto; all’alba altra scammellata e rientro in bus tutto filato con sosta agli studios di Ouarzazate, dove hanno girato un sacco di film famosi ma anche il reality della Fattoria. No, grazie.

(continua)

venerdì 30 aprile 2010

Oggi inauguro questo blog.

Cerca nel blog